220 speaker, oltre 60 eventi, 8 mila partecipanti. Sono questi i numeri di successo della Social Media Week, la settimana dedicata al mondo digitale che dal 22 al 26 settembre 2014 ha visto Roma protagonista di questo evento, ideato nel 2010 dalla società Crowdcentric di New York. Patrocinata dall’Ordine nazionale dei giornalisti la manifestazione – realizzata, oltre che nella capitale italiana, anche in altre città come Londra, Berlino, Los Angeles, Johannesburg, Sydney e Mumbai per un totale di mille eventi programmati contemporaneamente in 5 continenti – ha visto la partecipazione, tra gli altri, dei giornalisti Massimo Sebastiani, Alvaro Moretti, Davide Desario, Lorenzo Ottolenghi e Filippo Poletti, rispettivamente responsabili delle strategie online di Ansa, Leggo, Messaggero, Rainews e social media specialist di Fiera Milano. A introdurre i lavori – in occasione della cerimonia di apertura ospitata al Campidoglio dal sindaco Ignazio Marino – è stato il consigliere nazionale dell'Ordine dei giornalisti Alessandro Sansoni.
Il palinsesto della Social Media Week di Roma – promossa da Business International, divisione di Fiera Milano Media, media company del gruppo Fiera Milano – ha visto la messa a fuoco di una moltitudine di temi di grande rilevanza sociale, dal social e-commerce al social non-profit, dall’innovation mobility al social caring, dal digital payment ai big data, dall’Internet delle cose al presente dell’editoria. E proprio questo ampio ventaglio di contenuti ha permesso alla kermesse di sottolineare la pervasività dei social media. L’innovazione digitale, che i nuovi media promuovono, non è soltanto tecnologica o di prodotto, ma consiste – è quanto è emerso nel corso degli incontri – in un nuovo approccio e in un nuovo atteggiamento mentale che ha un’accezione molto ampia e che investe anche tutto coloro che si occupano di informazione.
La Social Media Week ha invitato l’Italia e il mondo a riflettere su un presente basato su un nuovo modo di agire, pensare, condividere e competere a livello globale. È quella “nuova economia” basata sulla conoscenza che è diventata parte della nostra vita quotidiana, lavorativa e non.
I numeri ufficiali della rivoluzione digitale ci dicono che l’Italia – per quanto riguarda la rete e i social networks – è all’avanguardia. La cosiddetta “digital total audience”, misurata da Audiweb, attesta la presenza di 20 milioni di persone connesse alla rete per quasi due ore al giorno. Se si considera la “penetrazione dei social media”, valutata da We are social, la nazione italiana si attesta intorno al 42% contro una media europea del 40%: ciò significa che quasi la metà della nostra popolazione accede ai social networks e li usa regolarmente. Volendo parafrasare la Costituzione del 1948, l’Italia di oggi è una Repubblica basata anche sull’utilizzo della rete e, in particolare, dei social networks. È un primato che nasce da lontano: così come 50 anni fa gli italiani lanciarono con Olivetti il primo personal computer del mondo, i cittadini di oggi – grazie all’impiego della rete e dei social media – sembrano aver ritrovato quel “boom di fiducia” verso le nuove tecnologie.
Tutti i cittadini, giornalisti in primis, sono in rete: ne fanno parte da attori principali grazie all’impiego di una miriade di social networks, da Facebook a YouTube, da Instagram a Twitter e LinkedIn. Questo è il messaggio emerso dalla Social Media Week che vedrà, il prossimo giugno, ancora una volta protagonista la città di Roma: antipasto milanese dal 23 al 27 febbraio 2015. Perché i media cosiddetti “sociali” si comportano nella società come lo zucchero nell’acqua: stanno modificando la sua struttura sociale, sia a livello di conoscenze che di processi e di organizzazione.
(Nella foto, da sinistra a destra, i giornalisti Davide Desario, Lorenzo Ottolenghi, Filippo Poletti, Massimo Sebastiani e Alvaro Moretti alla Social Media di Week, svoltasi a Roma dal 22 al 26 settembre 2014)