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Processo Sopaf, udienza rinviata al 14 aprile

17/03/2015

L'Enpam (ente di previdenza dei medici), la Cassa di previdenza dei ragionieri, 71 azionisti di Treviso, l'Ordine provinciale milanese dei medici nonché i commissari e i liquidatori della Sopaf hanno chiesto di costituirsi parte civile nel processo milanese a carico di Giorgio Magnoni e del figlio Luca, nell'ambito del “giudizio immediato” con al centro la holding finanziaria Sopaf. Nessuna richiesta di costituzione di parte civile, invece, è stata proposta dall'Inpgi (l'ente di previdenza dei giornalisti) che, invece, ha depositato, con l’avvocato Fabio De Matteis, una dichiarazione come parte offesa. Questa mossa provocherà polemiche infinite nel mondo giornalistico.

L’istituto in sostanza, non costituendosi parte civile, ha rinunciato a far valere le sue pretese risarcitorie nei confronti degli imputati. Traducendo la terminologia giuridica in concetti popolari l’Inpgi afferma in sostanza di figurare (solo nominalmente) tra i danneggiati. Conseguentemente, come detto, non ha chiesto il ristoro dei danni patiti per 7,6 milioni (secondo le ipotesi accusatorie del pm Gaetano Ruta). Questa posizione processuale traduce e rispecchia un comunicato dell’Inpgi nel quale si può leggere: “L’Ente ha assunto il ruolo di soggetto terzo, totalmente estraneo ai fatti, risalenti al febbraio 2009, oggetto di accertamento”. La spiegazione - (alquanto riduttiva che non tiene conto dell'immagine della Fondazione) - fornita dal legale dell’Istituto, Fabio De Matteis, è che con l’eventuale accoglimento del patteggiamento la parte civile può ricevere come “risarcimento” solo le spese legali. “Rimane, comunque, aperta la possibilità di intentare in futuro una causa civile”. In una tranche, ancora aperta, del procedimento è indagato anche il presidente dell'Inpgi, Andrea Camporese, che ha sempre respinto le accuse. Questo filone dell’inchiesta dovrebbe giungere a maturazione nell’aprile prossimo. Il tribunale (presidente Giuseppe Fazio) nella udienza del 14 aprile vaglierà le costituzioni di parte civile nonché la richiesta di patteggiamento dei Magnoni (4 anni e 6 mesi per Giorgio; 3 anni e 6 mesi per Luca). Il collegio non ha deciso sull'istanza di patteggiamento, ma ha chiesto chiarimenti al pm e alle parti civili in relazione "alle azioni risarcitorie, se ci sono state, da parte degli imputati". Tutti i soggetti che hanno chiesto di essere riconosciuti parte civile (con gli avvocati Alessandro Diddi, Elena Manfredi, Francesco Murgia, Enrico Pennasilico e Gaetano Scalise) hanno spiegato di non aver ottenuto alcun risarcimento, mentre il pm ha chiarito che la proposta di patteggiamento è, comunque, "meritevole di accoglimento" perché i Magnoni hanno messo a disposizione i loro beni (6,1 milioni, ndr) nell'ambito della procedura concorsuale della società (conclusasi con il concordato preventivo) e "non mi risulta abbiano disponibilità finanziarie aggiuntive". C’è molta incertezza sulla decisione del tribunale sul punto. Per ora sono in 'stand by' le istanze di patteggiamento. I difensori degli imputati Corrado Alleva, Francesca Ghetti e Maurizio Parisi hanno sposato (ovviamente) la linea possibilista del Pm Ruta. Il patteggiamento (“l'applicazione della pena su richiesta delle parti”) non ha natura di sentenza di condanna.