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"Ri-pensare il giornalismo” (in “Problemi dell’informazione”, n.1/2014)

10/10/2014
È il resoconto del dibattito fra Dario Di Vico, Sergio Maistrello, Mario Tedeschini Lalli e Giorgio Zanchini, stimolato da alcune domande – poste dalla redazione della rivista – sulle evoluzioni del giornalismo contemporaneo e sulla necessità di ripensare la professione.
 
In particolare, alla domanda “Qual è oggi il collocamento del giornalista professionista all’interno di un campo giornalistico decisamente trasformato – e più denso – rispetto al passato?”, Giorgio Zanchini ha risposto che il mercato giornalistico e, quindi, l’identità stessa di fare giornalismo sono pienamente parte del dualismo che caratterizza il mercato del lavoro oggi (e non solo italiano).
 
Giovani flessibili, precari, con remote prospettive di stabilità e solidi guadagni, che hanno ormai introiettato questo orizzonte. E giornalisti più anziani, figli di un altro mondo, che fanno fatica a capire cosa stia succedendo loro e dove stia andando la propria professione.
 
A questo occorre aggiungere ciò che la rivoluzione digitale ha provocato al campo dei media: la definitiva rottura del rapporto unilaterale tra fonte e fruitore, e l’inarrestabile crescita di dinamiche biunivoche, partecipate, in cui gli attori e le fonti dei processi informativi sono molteplici. È una rivoluzione che spaventa le generazioni più avanti negli anni, che scardina gli assetti che abbiamo conosciuto, che porta de-professionalizzazione, che fa crescere esponenzialmente il numero di coloro che forniscono notizie.
 
Per Sergio Maistrello, il punto è che sono cambiati il campo e le regole del gioco: internet non è semplicemente un’evoluzione dei mezzi di comunicazione di massa, ma una piattaforma che ridisegna progressivamente l’accesso alla conoscenza intorno alle dinamiche naturali della società.
 
La rete sposta i processi di generazione del valor dai contenuti alle relazioni: il controllo dei contenuti cessa di essere motivo di rendita, mentre diventa strategica la capacità di connettere tra loro in modo dinamico contenuti e persone, assecondando una costruzione del senso che l’ipertesto ha reso liquida e funzione di percorsi di approfondimento soggettivi, indipendente dai contenitori. Il giornalista resta funzionale se diventa un hub, un collettore di relazioni, un facilitatore di percorsi, un connettore di punti di vista e competenze.
 
Persa la delega esclusiva a informare, al giornalismo restano due asset fondamentali.  Il primo è il metodo, più che mai utile per servire e dare consistenza al filtro collettivo della rete. Il secondo è l’approccio professionale: in un mondo ad altissima densità informativa è più che mai opportuno il servizio di un professionista che con continuità e strumenti non ordinari ricerchi, connetta, selezioni, approfondisca, svisceri.
 
Ne consegue anche un’esigenza di specializzazione molto più marcata, perché superato il primo livello di informazione superficiale, il processo di approfondimento individuale prescinde i contenitori e insegue unità di contenuto, in funzione della loro capacità di rispondere in modo specifico alle necessità e alle curiosità personali.