Newsletter

Tieniti aggiornato sulle nostre ultime novità!

Link

inpgi
casagit
fondo giornalisti
fieg
Garante per la protezione dei dati personali
murialdi
agcom
precariato

Silvio Negro, un giornalista veneto, tra Vaticano e Roma

05/11/2014
“Chi ha rivelato Roma ai romani è stato un non romano, un veneto, Silvio Negro, capo della redazione romana del Corriere della Sera e vaticanista di fama europea”, scrive Stefano Malatesta nell’introduzione a “Roma, non basta una vita” (opera ora riproposta dall’editore Neri Pozza), libro postumo che segna una svolta importante tra i cultori della “romanità”.
Malatesta, nel presentare il libro, ricorda che Negro ha compiuto un’opera di rilievo, innalzando a livello letterario l’aneddotica romanesca e dando una patente di nobiltà agli scritti sulla capitale, senza mai cadere nel genere dialettale.
Malatesta sottolinea anche che Negro padroneggiava una prosa che si avvaleva di una conoscenza senza eguali della vita interna del Vaticano, all’epoca impenetrabile per i normali giornalisti. Questa sua capacità di ottenere notizie riservate e di muoversi con eleganza in un mondo complicato, si deve al fatto che Negro aveva lavorato per un paio d’anni come redattore dell’Osservatore Romano. Questa fu l’esperienza decisiva della sua vita, quando il Corriere della Sera decise di nominarlo corrispondente dalla Santa Sede.
Nella prefazione alla prima edizione del libro, Emilio Cecchi scrive che si tratta di scritti d’una infinita varietà d’argomenti: “dalla intonazione così spontanea e felice che nessuno di essi resta fuori chiave o senza vibrazione”. Tra i passi più suggestivi, Cecchi segnala quelli sulle vestigia della preistoria laziale, sul grande cimitero degli ippopotami (lungo la via Amelia), sulla pietra con l’immagine d’un lupo morente incisa ventimila anni fa (rinvenuta nella grotta Polesini alle Acque Albule) e sul Tevere come massimo museo cittadino (luogo che conservava il Bacco di bronzo con intarsi d’argento e di rame, insieme all’Apollo di scuola fidiaca, oggi alle Terme di Diocleziano). A tutto ciò occorre aggiungere l’attenzione di Negro verso le metamorfosi urbanistiche: basti pensare che, se la Roma del ventennio fascista arrivava ai due milioni di abitanti, nel 1922 non raggiungeva i settecentomila, e non ne contava più di duecentomila al 20 settembre 1870.
Negro muore nel 1959 (era nato nel 1897), a poca distanza dall’apertura del Concilio Vaticano II.