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Tribunale Brescia: il sequestro del computer viola il segreto giornalistico se non è oggetto di un accertamento mirato

16/10/2006

L’ordinanza del Tribunale di Brescia del 4 ottobre 2006 fa riferimento alle attività investigative collegate all’indagine sul rapimento di Abu Omar che hanno portato al sequestro probatorio con operazione di clonazione delle relative memorie di personal computer di alcuni giornalisti tra cui alcuni colleghi della Repubblica cha hanno proposto reclamo al Tribunale ordinario di Brescia.

Il Tribunale di Brescia, in qualità di giudice del riesame, ha rammentato i presupposti e i limiti stabiliti dal codice di procedura penale in tema di perquisizioni. In particolare, quando vi è fondato motivo per ritenere che una persona occulti il corpo del reato o cose pertinenti a un reato o che queste si trovino in un determinato luogo, si procede a perquisizione personale o locale.

La ricerca della prova suddetta è legittima, inoltre, in presenza “di indizi di un certo rilievo quanto alla possibilità di accreditare la probabilità che l’oggetto da ricercare si trovi presso la persona da perseguire”.

L’assenza di queste condizioni porta a ritenere inammissibile questo mezzo di ricerca della prova, in quanto lesivo della libertà individuale costituzionalmente garantita.

Quanto al sequestro probatorio presso un terzo, questo “presuppone una ricerca mirata di cose pertinenti al reato” e, soprattutto in caso di apprensione presso terzo, “la motivazione delle esigenze probatorie deve essere adeguata ed idonea a convincere della rigorosa necessità dell’atto”.

In ordine al segreto giornalistico, il Tribunale di Brescia elenca le norme su cui si fonda e le disposizioni del codice di procedura penale che tutelano, in particolare, “la fonte delle notizie” e qualsiasi ulteriore indicazione che possa portare ad identificare della fonte stessa.

In questo senso “non è pertanto concepibile un sistema improntato ad assicurare la tutela del segreto giornalistico che contempli, da un lato, un rigido meccanismo di controllo sul diritto-obbligo del segreto e, dall’altro lato, consenta l’accesso indiscriminato ai materiali più propri e riservati del giornalista”.

Nel caso di specie il Tribunale di Brescia ha ritenuto insussistenti gli estremi dei provvedimenti adottati.

Il sequestro nei confronti di un terzo richiede un accertamento mirato, privo di attività invasive ed esplorative, e richiede la preventiva individuazione della cosa da acquisire e uno stringente collegamento tra la res, da apprendere al terzo, ed il reato oggetto di indagini preliminari.

Sotto tale profilo, il Tribunale ha ritenuto “meritevole di censura il provvedimento del PM 13 settembre 2006, disponente (a posteriori) il sequestro (già di fatto operato l’11 agosto 2006) del computer e l’acquisizione della memoria intera dello stesso, siccome non sorretta (tale acquisizione) da criteri di necessitato collegamento con quanto oggetto di investigazione e pesantemente invasiva, in relazione a quanto oggetto dell’hard-disk del computer, delle libertà costituzionalmente protette (si pensi, oltre che alla libertà di stampa ex art. 21 cost., alla libertà di riservatezza e di segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione ex art. 15 cost.)”.

Il sequestro di un intero hard-disk implica, infatti, l’acquisizione oltre che di elementi probatori anche di dati che esulano dal contesto per il quale è stato disposto, sicchè esso esige un ambito di corretta e riservata operatività per evitare  per evitare la lesione di beni costituzionalmente protetti.

Una simile attività non è consentita nei confronti di una persona non sospetta della commissione di alcun reato, come è accaduto nei confronti del giornalista in questione.

Nel caso di specie il Tribunale ha ravvisato, inoltre, la violazione delle previsioni di legge a tutela del segreto professionale dei giornalisti.

La procedura prevede, infatti, l’ordine di esibizione, l’opposizione del segreto, i controlli e le verifiche e poi, se del caso, il sequestro. Nella fattispecie è mancato tale passaggio procedimentale.

Alla luce di tali considerazioni il Tribunale ha ritenuto che le pesanti intrusioni nella sfera personalissima del giornalista confermano il carattere illegittimo del sequestro disposto e delle operazioni connesse.

Le attività di ricerca compiute nei confronti del giornalista non sono, inoltre, originate da fondati motivi circa il fatto che nel computer potessero trovarsi cose pertinenti al reato, ma da soggettive opinioni investigative o semplici sospetti, con la conseguenza dell’avvenuta compressione di diritti costituzionalmente garantiti nei confronti di persona non indagata.

Il Tribunale ha, pertanto, annullato i provvedimenti del PM e ha disposto la restituzione al ricorrente della copia-clone del personal computer e dei floppy-disk oggetto di sequestro.