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Tribunale di Roma: no alla pubblicità dei prodotti commerciali da parte dei giornalisti

06/07/2006

Con sentenza del 21.10.2005, il Tribunale Civile di Roma nella causa Mazzocchi contro il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha rigettato il ricorso del giornalista avverso la sospensione di due mesi comminatagli per la partecipazione ad uno spot pubblicitario di una ditta commerciale.

Nel merito, il Tribunale ha rilevato che l’illegittimità del comportamento tenuto dal giornalista deriva dalla Carta dei doveri che prevede testualmente: ...”Il giornalista non assume incarichi e responsabilità in contrasto con l’esercizio autonomo della professione, né può prestare il nome, la voce, l’immagine per iniziative pubblicitarie incompatibili con la tutela dell’autonomia professionale. Sono invece consentite a titolo gratuito, analoghe prestazioni per iniziative pubblicitarie volte ai fini sociali, umanitari, culturali, religiosi, artistici, sindacali o comunque prive di carattere speculativo”.

La pubblicità di un prodotto commerciale – ha argomentato il Tribunale – ha di per sé carattere speculativo, senza che possa assumere rilievo la mancanza di compensi o comunque la devoluzione in beneficienza. I requisiti richiesti per le iniziative pubblicitarie sono concorrenti (non alternativi): non è sufficiente che la prestazione del giornalista sia a titolo gratuito o comunque il compenso devoluto in beneficienza, ma è decisiva anche la finalità propria della pubblicità cui si affianca la figura del giornalista. Nella fattispecie, si trattava di una pubblicità su radio locale di climatizzatori d’aria, che immediatamente lega la figura del giornalista ad interessi di carattere economico, incompatibili con la tutela dell’autonomia professionale. Tali considerazioni assorbono ogni contestazione di contraddittorietà tra i due provvedimenti del Consiglio regionale per lo stesso fatto reiterato nel tempo. Non possono assolutamente condividersi le motivazioni del provvedimento di archiviazione basate sulla gratuità della prestazione o meglio sulla devoluzione in beneficienza. Si tratta di un’interpretazione che si discosta da quella di questo tribunale, corrispondente sostanzialmente alla motivazione del Consiglio nazionale. Di conseguenza deve ritenersi ininfluente, in questa sede, il diverso orientamento espresso per lo stesso fatto dal Consiglio regionale. Pretestuosa appare infine l’eccezione della non corrispondenza tra incolpazione e sanzione inflitta.

Il procedimento d’impugnazione davanti al giudice ordinario delle delibere del Consiglio regionale dell’Ordine dei giornalisti, regolato dagli artt. 63 e 64 lg. citata – è finalizzato ad una cognizione piena in ordine a tali provvedimenti, con potestà di annullare, modificare e revocare.

Quanto alla sanzione inflitta - conclude il Tribunale – la stessa appare rispondente al dettato normativo dell’art. 54 lg. 69/63 secondo cui la sanzione della sospensione può essere inflitta nei casi in cui il giornalista abbia compromesso la dignità professionale. Il concetto di dignità non può essere sganciato da quello di autonomia professionale, dovendosi conseguentemente ritenere adeguata la sanzione inflitta.