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Uffici stampa PA, quale futuro?

25/07/2017
Uffici stampa nelle pubbliche amministrazioni, questi (s)conosciuti. Eppure, a saperla utilizzare (bene), l’informazione potrebbe assumere un ruolo fondamentale di interfaccia tra la parte politica e il cittadino. Appunto, potrebbe.
A cercare di dar voce a questo settore in continua evoluzione operativa (ma non normativa), ci ha pensato il Gruppo di Lavoro Uffici Stampa del Consiglio Nazionale Ordine dei Giornalisti (CNOG), coordinato dal tesoriere nazionale Aurelio Biassoni, che è partito da due punti cardine per il settore pubblico: la riforma della legge 150 del 2000, che regola le attività di comunicazione e informazione della pubblica amministrazione, e la firma del cosiddetto «bando virtuoso» degli uffici stampa nei Comuni, una «bussola» per aiutare le pubbliche amministrazioni locali a orientarsi nella stesura dei bandi per l'assunzione di addetti stampa. Con la consapevolezza che la comunicazione è strumento indispensabile per sviluppare e consolidare le relazioni coi cittadini, e che, nel processo di potenziamento e armonizzazione dei flussi di informazione, è sempre più decisivo il ruolo degli uffici stampa. Eh sì, perché, oltre a veicolare informazioni di servizio utili a tutta la comunità, offrono l’opportunità ai politici di motivare in modo efficace le proprie scelte e decisioni.
 
“Pensare di modificare la 150 è un po’ come scalare l’Everest – spiega Aurelio Biassoni - e noi, da bravi scalatori, abbiamo pensato di trovare una «via» alternativa, cioè abbiamo deciso di guardare il problema da un’altra prospettiva: non come cambiare la 150, ma come cambiare le nostre competenze, quelle degli addetti stampa, per poi cambiare, ovviamente, la legge. Il mondo immaginato dalla 150 nel 2000 non esiste più, a cominciare dalle competenze degli addetti stampa e dal ruolo del portavoce. Da qui deve ripartire la nuova legge. La sfida, oggi, infatti, è l’uso degli strumenti del web 3.0, con l’esplosione della navigazione mobile, smartphone e tablet. E tutto questo si traduce in una sfida professionale per giornalisti e uffici stampa, ma anche in un’enorme opportunità di accedere a nuove forme di racconto. Pertanto – sottolinea Biassoni - accanto agli strumenti tradizionali come i comunicati stampa, le conferenze stampa, le cartelle stampa, le mailing list, le newsletter e le rassegne stampa, il «nuovo» addetto stampa dovrà sapere produrre contenuti per il web, per gli strumenti di connessione in mobilità e per i social network. Ciò significa contenuti testuali, ma anche foto o video. Ovviamente dobbiamo però anche blindare la figura dell’addetto stampa e rendere ancora più netta la distinzione, peraltro già prevista nella legge, tra l’attività di comunicazione e quella di informazione, che deve essere di assoluta competenza dei giornalisti. La presenza di giornalisti negli uffici stampa, con l’obbligo del rispetto di precise regole deontologiche, è la migliore difesa contro le «fake news» e la garanzia che i cittadini possano ricevere un’informazione corretta e tempestiva”.
 
Un altro aspetto interessato da proposte di modifica riguarda l’articolo 7, dedicato alla figura del portavoce. “Secondo noi – prosegue Walter Todaro, componente del gruppo di lavoro - anche il portavoce, come l’addetto stampa, deve essere un giornalista. Con compiti diversi, ovviamente, più «politici», ma comunque un giornalista iscritto all’Albo, indistintamente in uno dei due elenchi: pubblicisti e professionisti. Per due motivi: innanzitutto per dare una maggiore garanzia ai lettori, perché il giornalista sarebbe sottoposto anche lui ai doveri deontologici, in secondo luogo per dare una maggiore credibilità alle sue dichiarazioni e, in definitiva, alla figura del politico di riferimento. Senza dimenticarci l’aspetto occupazionale: oggi molto spesso i compiti tradizionali di un ufficio stampa vengono nei fatti affidati al portavoce, che spesso non è neanche iscritto all’Albo dei giornalisti perché non previsto dalla legge”.
 
Così come attualmente formulata, la Legge 150/2000, all’articolo 7, vieta inoltre lo svolgimento di qualunque attività giornalistica per il periodo di mandato nel ruolo di portavoce. Senza dimenticare che il portavoce giornalista professionista, svolgendo un’attività non considerata giornalistica dalla legge, violerebbe quanto previsto dalla legge istitutiva dell’Ordine dei Giornalisti n. 69 del 3/2/1963 («Sono professionisti coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione giornalistica»). Il giornalista che assume l’incarico di portavoce non può però, allo stato attuale, sospendere la sua iscrizione all’Albo perché non prevista dalle normative vigenti; in questo modo già dopo due anni di «non attività» giornalistica potrebbe essere cancellato dall’Albo in sede di revisione. Con questa proposta di modifica formulata dal gruppo di lavoro del CNOG sarebbe invece definitivamente risolta anche questa delicata problematica istituzionale.
 
“C’è, poi, un secondo aspetto, forse ancora più importante – sottolinea Todaro - La modifica dell’articolo 7 consentirebbe di dare alla figura del portavoce un profilo europeo. Una riforma a costo zero da portare a Bruxelles per poter affermare che l’Italia segue i modelli dell’Unione europea. Su questo aspetto è stato importante l’incontro che una delegazione del Gruppo di lavoro ha avuto con Giovanni Grasso, portavoce del Presidente della Repubblica Mattarella e con il Consigliere particolare per l’Informazione del Quirinale Gianfranco Astori. Un aspetto della riforma, quello del portavoce, su cui i vertici della comunicazione del Quirinale si sono detti d’accordo”.
 
Il gruppo di lavoro ha così promosso l’inizio dell’iter parlamentare della riforma. La proposta di riforma della Legge 150 è stata depositata in Parlamento e nei prossimi mesi sarà all'esame della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati.
Il Gruppo di lavoro ha approcciato le modifiche della 150 con l’idea di riformare complessivamente il settore dell’informazione nella Pubblica amministrazione. Per questo è stato avviato anche un confronto con l’Anci nazionale, l’associazione che rappresenta i Comuni italiani. Un «tavolo di lavoro» che, nel settembre 2016, ha portato alla firma del cosiddetto «bando virtuoso» degli uffici stampa. Il documento, dopo essere stato sottoscritto dai vertici Anci, è stato approvato all'unanimità il 20 settembre 2016 dal Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti.
 
“Tra i requisiti richiesti per gli addetti stampa comunali abbiamo voluto ribadire come obbligatoria l'iscrizione all'Albo dei Giornalisti (professionisti e pubblicisti) e il possesso almeno del diploma di scuola media secondaria di secondo grado (laurea per il capo ufficio stampa), nel rispetto della Legge 150/2000 – evidenzia il Consigliere nazionale Enrico Paissan, anche lui componente del gruppo. Un riferimento importante è quello delle competenze. Oggi l'addetto stampa deve essere una figura professionale completa, capace di gestire anche i nuovi strumenti di comunicazione e informazione social e le varie piattaforme multimediali, non solo in termini di contenuti, ma anche operativi. Questo è il compito dell'addetto stampa «tre punto zero». E in questo contesto i colleghi devono finalmente poter contare anche su un inquadramento contrattuale e su un riconoscimento economico preciso. Siamo convinti che questo accordo è un risultato importante perché il «bando virtuoso» è un'«arma» a disposizione di tutti i colleghi per difendersi dalla «deregulation» che oggi, spesso, regola il mercato dei bandi pubblici per addetti stampa”.
 
Nel corso della sua attività il Gruppo di lavoro ha riservato particolare attenzione anche agli uffici stampa privati, un mondo articolato in cui tale attività, che deve essere ritenuta prettamente giornalistica, è invece svolta da chiunque. Per gli uffici stampa della pubblica amministrazione la 150/2000 prevede che il lavoro di ufficio stampa sia svolto esclusivamente da iscritti all'ordine con tutte le garanzie di professionalità, rispetto della deontologia e aggiornamento formativo che ciò comporta, mentre nel settore privato nulla di tutto ciò esiste.
Il CNOG ha approvato all’unanimità nel luglio 2014 un ordine del giorno che prevede che nel settore privato, all’interno degli uffici stampa, sia presente almeno un iscritto all’Ordine dei Giornalisti, a garanzia di qualificata professionalità, correttezza e tempestività. «Unioncamere», «Confindustria», «Unione Artigiani» e «Confcommercio» le associazioni di categoria che, al momento, hanno sottoscritto questo ordine del giorno. Nel febbraio 2016 il CNOG ha approvato all'unanimità un secondo ordine del giorno sempre sul tema uffici stampa privati che, evidenziando quanto tale attività svolta da iscritti all'Ordine sia garanzia di qualificata professionalità, correttezza e tempestività, segnala al legislatore il vuoto normativo, invitandolo a correggere tale evidente discrepanza con il settore della pubblica amministrazione.
 
Grande attenzione è stata infine dedicata alla formazione, resa obbligatoria dalla Legge 148/2011, il cosiddetto «decreto Severino». Un impegno che nasce dalla convinzione che la formazione non sia un inutile fastidio, ma l'occasione per acquisire nuove competenze. Con questo spirito i componenti del gruppo di lavoro sono andati in «tour» nei territori per confrontarsi con i colleghi sulle proposte di riforma del settore dell'informazione negli enti pubblici e sull’evoluzione della professione: Trento, Campobasso, Roma, Milano, Siena, Castiglioncello, Bollate, Seregno, Alessandria, Bergamo. Sono 41 i corsi (sempre gratuiti) promossi, oltre 5 mila e 500 colleghi formati e, complessivamente, 201 i crediti formativi distribuiti.
 
“Sulla strada segnata in questi tre anni e mezzo di lavoro – conclude Aurelio Biassoni - nel prossimo triennio (2017/2020) ci permettiamo di suggerire alcuni focus su cui il Gruppo dedicato agli uffici stampa potrebbe concentrarsi: portare avanti il lavoro di riforma della Legge 150/2000, sostenendo l’iter parlamentare avviato; monitorare l’applicazione del bando virtuoso nei Comuni; attuare una ricognizione degli uffici stampa pubblici negli organi costituzionali (Presidenza della Repubblica, Camera, Senato, Governo); proseguire nello sforzo di avviare un confronto con la Federazione Nazionale della Stampa finalizzato alla più ampia applicazione del contratto di lavoro giornalistico FIEG-FNSI negli enti pubblici”.