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“Dobbiamo continuare a prendere il giornalismo sul serio?" (Una conversazione con Barbie Zelizer)

17/03/2015
Barbie Zelizer,  studiosa di giornalismo a livello internazionale, è titolare della cattedra di Comunicazione presso l’Annenberg School for Communication dell’University of Pennsylvania ed è co-editor della rivista “Journalism. Theory, Practice and Criticism”.
In “Problemi dell’informazione” (N.2/2014) è riportata la trascrizione di una sua conversazione con Augusto Valeriani, avuta il 26 maggio 2014 a Seattle (USA), a margine della conferenza annuale dell’International Communication Association.
 
Qui di seguito, la prima domanda posta alla Zelizer e la relativa risposta:
D).   Trovo che il titolo che hai scelto per il libro in cui metti a sistema tutti i differenti approcci che caratterizzano gli studi sul giornalismo, ovvero “Taking Journalism Seriously”, sia davvero molto azzeccato.  E questo perché esplicita in modo diretto una questione non di poco conto, ovvero che non è cosa scontata che il giornalismo sia preso sul serio, innanzitutto nell’accademia, ma anche dagli attori pubblici, dai cittadini e dai giornalisti stessi. E mi sembra che questa difficoltà a farsi prendere sul serio il giornalismo ce l’abbia oggi, ancora più di dieci anni fa, ovvero quando hai scritto il libro. Con il mutare, l’allargarsi, il farsi più denso e ibrido del campo giornalistico, diventa sempre più complicato per i ricercatori porsi le giuste domande di ricerca. Allo stesso tempo diventa più difficile per i giornalisti rivendicare quella centralità sociale, nei processi di mediazione e circolazione delle informazioni, che prima gli era riconosciuto. Insomma è ancora possibile prendere il giornalismo sul serio?
 

R).      Non solo penso che sia possibile, ma penso che sia più che mai importante. Perché l’idea che chiunque possa essere un giornalista, l’idea che l’informazione si diffonda autonomamente senza bisogno del giornalismo, l’idea che davvero non sia importante da dove e come tu ottieni le informazioni, rendono cruciale continuare a prendere il giornalismo seriamente. In questo senso il compito di noi studiosi è creare uno schema interpretativo che consenta di pensare al giornalismo, anche oltre il giornalismo, come lo abbiamo conosciuto fino a ieri. Quello che noi accademici dobbiamo fare è cercare di favorire un riposizionamento rispetto a “dove sia” il giornalismo e “quali siano” i contesti giornalistici. Io non credo all’idea che il giornalismo stia scomparendo o stia morendo, penso che queste affermazioni siano molto lontane dall’essere vere e, soprattutto, non tengano assolutamente in considerazione, innanzitutto la dimensione storica, ma anche quella geografica: per esempio, è fuor di discussione che ci siano aree del mondo dove il giornalismo sia molto più importante oggi di quanto non fosse dieci, quindici o vent’anni fa. Quindi, quello di cui noi abbiamo davvero bisogno di fare oggi è ampliare la definizione di giornalismo che, peraltro, sarebbe già un altro modo per “prendere il giornalismo sul serio”. Ma davvero non dobbiamo eliminare il giornalismo dal nostro panorama sociale, non dobbiamo cancellarlo dalle mappe.