È il resoconto del dibattito fra Dario Di Vico, Sergio Maistrello, Mario Tedeschini Lalli e Giorgio Zanchini, stimolato da alcune domande – poste dalla redazione della rivista – sulle evoluzioni del giornalismo contemporaneo e sulla necessità di ripensare la professione.
In particolare, alla domanda “Qual è oggi il collocamento del giornalista professionista all’interno di un campo giornalistico decisamente trasformato – e più denso – rispetto al passato?”, Giorgio Zanchini ha risposto che il mercato giornalistico e, quindi, l’identità stessa di fare giornalismo sono pienamente parte del dualismo che caratterizza il mercato del lavoro oggi (e non solo italiano).
Giovani flessibili, precari, con remote prospettive di stabilità e solidi guadagni, che hanno ormai introiettato questo orizzonte. E giornalisti più anziani, figli di un altro mondo, che fanno fatica a capire cosa stia succedendo loro e dove stia andando la propria professione.
A questo occorre aggiungere ciò che la rivoluzione digitale ha provocato al campo dei media: la definitiva rottura del rapporto unilaterale tra fonte e fruitore, e l’inarrestabile crescita di dinamiche biunivoche, partecipate, in cui gli attori e le fonti dei processi informativi sono molteplici. È una rivoluzione che spaventa le generazioni più avanti negli anni, che scardina gli assetti che abbiamo conosciuto, che porta de-professionalizzazione, che fa crescere esponenzialmente il numero di coloro che forniscono notizie.
Per Sergio Maistrello, il punto è che sono cambiati il campo e le regole del gioco: internet non è semplicemente un’evoluzione dei mezzi di comunicazione di massa, ma una piattaforma che ridisegna progressivamente l’accesso alla conoscenza intorno alle dinamiche naturali della società.